Isola della tribù di North Sentinel
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La misteriosa tribù dell’Isola di North Sentinel

Cosa si nasconde sull’Isola di North Sentinel?

Nel golfo del Bengala troviamo uno dei luoghi più inaccessibili della Terra, abitato da una tribù minacciosa e inospitale, pronta a uccidere chiunque tenti di introdursi nel loro territorio.
Parliamo di North Sentinel, un’isola incontaminata immersa nel verde e circondata dalle acque cristalline dell’oceano.
Un piccolo paradiso che racchiude numerosi segreti ancora celati al mondo intero.

In tanti hanno provato ad esplorarla, per svelarne i misteri e tentare di “civilizzare” questo popolo indigeno che sembra essersi fermato al Paleolitico, ma nessuno è mai riuscito nell’impresa.

L’isola di North Sentinel rimane tutt’oggi uno dei luoghi più oscuri e sconosciuti del pianeta, ma grazie agli studi svolti dagli antropologi, si è giunti ad alcune scoperte davvero interessanti…

Chi sono i sentinelesi

Sembra assurdo che nel XXI secolo esistano ancora tribù capaci di vivere come uomini primitivi, eppure nell’isola di North Sentinel non c’è alcuna forma di progresso.
Qui non esiste l’elettricità, né la tecnologia, gli unici strumenti che vengono utilizzati sono gli elementi della natura, come la terra, l’acqua e il fuoco.
Malgrado gli sia stata offerta più volte la possibilità di cambiare il loro stile di vita e renderlo moderno, non hanno mai voluto.
Al contrario, hanno preferito isolarsi sempre di più dal resto del mondo.

Come vive questa tribù?

L’isola di North Sentinel si trova nell’Archipelago delle Andamane, nell’Oceano Indiano.
E’ grande 59 Km quadrati e anche se fa parte parte dello stato indiano, è una terra indipendente, motivo per cui la legge non ha mai punito gli omicidi che sono avvenuti nel loro territorio.

Gli abitanti sono molto ostili e da sempre si battono per difendere la propria terra da qualsiasi intrusione esterna.
Parlano una lingua propria, diversa da quella degli altri indigeni che vivono nelle isole vicine.
Non coltivano terre, nè allevano animali, ma si nutrono grazie alla pesca, la caccia e la raccolta di piante.
Le loro abitazioni sono delle semplici capanne comuni divise in tre villaggi e sulla spiaggia hanno dei rifugi provvisori che possono ospitare poche persone.

Come molte tribù non indossano abiti, ma solo ornamenti.
Le donne portano una cordicella di fibra che avvolge la vita, il collo e la testa.
Gli uomini invece, hanno fasce intorno al capo, una cintura più spessa alla vita e sono sempre armati di lance, archi e frecce.
Per spostarsi in mare usano delle imbarcazioni molto strette simili a canoe, ma solo per raggiungere punti in cui l’acqua è poco profonda.

Gli studiosi credono che i sentinelesi siano discendenti dell’Homo Sapiens, giunti fin qui dall’Africa circa 50.000 anni fa.
Non potendo avere contatti con la tribù è impossibile sapere da quanti membri è composta, si può solo ipotizzare un numero che varia dalle 40 alle 400 persone.

Nel corso dei secoli però ci sono stati diversi tentativi di entrare nell’isola, alcuni dei quali con conseguenze quasi tragiche.

Gli esploratori sull’isola di North Sentinel

I Britannici

Sono stati molti i britannici che hanno tentato di esplorare l’isola di North Sentinel nel XIX secolo.
Tra questi ci fu il funzionario inglese Homfray che, nel 1867, riuscì a sbarcare aiutato da alcuni abitanti delle isole andamane.

In quello stesso anno, un’imbarcazione mercantile indiana naufragò al largo della costa.
L’equipaggio e i passeggeri, riuscirono ad arrivare sull’isola grazie alle scialuppe di salvataggio, ma una volta giunti sulla spiaggia, vennero attaccati dai sentinelesi .
Per fortuna una squadra di salvataggio della Royal Navy arrivò giusto in tempo in loro soccorso e i naufraghi poterono lasciare l’isola sani e salvi.

Nel 1880 un funzionario del governo britannico, Maurice Vidal Portman, sbarcò a North Sentinel con lo scopo di perlustrare il territorio e studiare la tribù.
Catturò sei persone, due adulti e quattro bambini, e li portò a Port Blair, la capitale delle Andamane.
Una volta giunti lì però, i due anziani morirono subito, probabilmente a causa di una malattia, così i bambini furono riportati immediatamente sull’isola carichi di doni.

Portman non cessò tuttavia le sue visite sull’isola, che continuarono per diversi anni.

Gli Indiani

Tra gli anni ‘70 e ‘80 alcune squadre esplorative indiane cominciarono a recarsi periodicamente sull’isola, con l’intento di stabilire contatti amichevoli con la tribù sentinelese, la quale però era spesso piuttosto ostile.
Così gli antropologi provarono a conquistarsi la loro fiducia portando alcuni doni.

In un’occasione gli lanciarono a riva delle noci di cocco, che riscossero grande successo, anche perché sull’isola questo frutto non cresce.
Un’altra volta invece, provarono a lasciare sulla spiaggia due maiali e una bambola, ma non furono affatto graditi. Gli animali vennero subito uccisi e seppelliti, la bambola, che non ebbe miglior sorte, venne decapitata e sotterrata nella sabbia.

 

Nel 1991 però, l’atteggiamento degli indigeni cambiò improvvisamente.
Accadde durante la visita di alcuni ricercatori indiani condotta per la prima volta da una donna, la famosa antropologa Madhumala Chattopadhyay.
Questa studiosa era già riuscita ad instaurare delle relazioni con altre popolazioni indigene delle Andamane, gli Onge e i Jarawa, che oggigiorno conducono una vita molto più “civilizzata” rispetto al passato.
Grazie alla sua straordinaria capacità di interagire con queste tribù, riuscì a stabilire un buon legame anche con i sentinelesi, al punto da arrivare a consegnare le noci di cocco direttamente nelle loro mani.

Purtroppo però questa amicizia non durò molto. Gli indigeni infatti, cominciarono a fare uso delle armi per cacciarli.
Non è chiaro il motivo di tale reazione, ma si ipotizza che il contatto con gli estranei abbia portato qualche malattia sull’isola e di conseguenza la morte di alcuni membri della tribù.
Così nel 1996 si conclusero definitivamente tutte le spedizioni.

Il terremoto e lo tsunami

Il terremoto del 2004, causò un devastante tsunami che colpì anche l’isola di North Sentinel.
La placca tettonica si sollevò di 1-2 metri, ma i sentinelesi riuscirono a salvarsi, probabilmente grazie alle loro conoscenze ancestrali, che gli permisero di avvertire il cambiamento dei flussi marini e di mettersi al riparo prima dell’arrivo dell’onda distruttiva.
Dopo questo avvenimento, lo stato indiano provò a inviare un elicottero per controllare la situazione sull’isola. Ma la tribù mise subito in chiaro di non voler alcuna visita aerea, bersagliando il mezzo con numerose frecce.
Quello fu l’ultimo contatto ravvicinato che ebbero con gli indigeni.

Ora l’isola viene monitorata a una distanza di sicurezza solo per assicurarsi che la popolazione stia bene.

Gli omicidi sull’isola di North Sentinel

Negli ultimi anni l’isola indiana di North Sentinel è stata teatro di due tragici casi di omicidio.

Il primo è avvenuto nel 2006, quando due pescatori, dopo una lunga giornata di pesca illegale, si addormentarono sulla loro barca, che spinta dalle correnti marine, giunse nei pressi dell’isola.
Non appena i membri della tribù si accorsero del loro arrivo, non esitarono a ucciderli e a seppellirli sulla spiaggia. Ma si racconta che, qualche giorno dopo, i corpi siano stati dissotterrati e innalzati su delle croci, allo scopo di intimorire chiunque avesse voluto avvicinarsi.
Un elicottero della guardia costiera indiana provò a recuperare i resti dei due pescatori, ma ancora una volta una pioggia di frecce gli impedì di portare a termine l’operazione .

Un altro caso, l’ultimo, si ebbe nel 2018, quando un missionario statunitense, John Allen Chau, si recò sull’isola con l’intento di evangelizzare la tribù. Anche lui venne immediatamente ucciso e il suo corpo mai recuperato, malgrado i vari tentativi da parte dello stato indiano.

A seguito di tutti questi eventi, Survival, l’organizzazione mondiale per i diritti dei popoli indigeni, è riuscito a convincere lo stato indiano a porre fine a ogni tipo di contatto con i sentinelesi per preservare questa tribù e salvaguardare il loro territorio.

Ogni relazione con il mondo esterno infatti potrebbe essere fatale per un popolo così isolato e quindi privo di qualsiasi difesa immunitaria, in grado di proteggerli da malattie a loro sconosciute.

È straordinario inoltre, come questa tribù sia riuscita a mantenere la propria terra incontaminata per secoli. Un grande esempio da seguire per noi popoli “civilizzati” che, al contrario, stiamo devastando il nostro meraviglioso pianeta da anni, dimenticandoci troppo spesso che questa Terra è casa nostra e, come tale, dovremmo prendercene cura e cercare di salvarla prima che sia troppo tardi.

 

 

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